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IL VECCHIO OSSERVATORIO

dicembre 2, 2011

Ecco qui. Il nuovo Osservatorio del vino lo trovate a questo nuovo indirizzo:

http://osservatoriodelvino.wordpress.com/

E’ qui disponibile tutto il vecchio blog “Osservatoriodelvino.splinder”, la piattaforma sulla quale ho incominciato con regolarità la mia avventura di blogger del vino trentino, e che ha deciso di chiudere i battenti.

Manca ancora qualche cosetta ma direi che ormai ci siamo messi in salvo.

C’è un po’ di malinconia, ma vi assicuro che è stata anche un’occasione. Il trasloco su wordpress alla fine è stato come il proverbio “si chiude la porta e si apre un portone”, sulla nuova piattaforma mi sento meglio, funziona tutto sommato meglio ed ho incontrato nuovi lettori.

La linea editoriale non cambierà perchè a scriverci sono sempre io nella mia veste di Primo Oratore della Fibess di Trento.

I vecchi post sono esposti cronologicamente: però. facendo uno strappo alla regola, ho voluto mettere come primo post quello su Armin Kobler, davvero una persona speciale.

Buon archivio ed un saluto dal vostro Primo Oratore.

ARMIN KOBLER – VINO E BLOG

dicembre 1, 2011

SABATO, 05 FEBBRAIO 2011

 

UN INTRUSO FRA I BIANCHI STRUTTURATI
MERLOT KLAUSNER KOBLER 2006

Riprendendo il discorso lasciato in sospeso, ecco il post relativo al Vino Merlot Klausner del 2006.
Questo vino non ha fatto parte naturalmente della degustazione di vini bianchi strutturati, perchè è un rosso e che rosso: rosso cupo, vigoroso, strutturato e austero. L’unico difetto (?) che ha è che è un merlot, un vino che gli italiani non considerano fino in fondo e per quello che realmente è, ma solo come forte vino da taglio per fare il bordolese.
Fatto sta che questa bottiglia è comparsa in tavola solo come rafforzativo esplicito di un discorso che avevamo cominciato proprio con Armin Kobler relativo ad alcuni aspetti tecnici del vino e ad alcune questioni riguardanti le etichette.
In particolare Armin stava spiegando che il fatto che dal tappo passi o meno ossigeno, e cioè che il tappo sia o meno di sughero, è in qualche modo significativo ma non determinante (va annotato che la cantina Kobler utilizza tappi a vite) ; infatti nel vino si svolgono ordinariamente centinaia di trasformazioni chimiche ma solo alcune di queste riguardano l’ossigeno. Altre centinaia di reazioni non presuppongono l’ossigeno, al punto che, esemplificava Armin, se tu volessi mettere il vino in una bottiglia sigillata completamente, ad esempio fondendo il vetro in corrispondenza del tappo, il vino si modificherebbe lo stesso.
Visto che la bottiglia era lì uno dei commensali ha provato un assaggio; il vino ha lasciato tutti abbastanza e favorevolmente stupiti: l’avevo stappato più di un mese prima per una occasione in cui si era bevuto pochissimo: poi ero andato via di casa per diversi giorni e non avevo più avuto l’occasione di berne ancora; morale, c’era dentro mezza bottiglia di vino aperto da un mese. Bene, il vino era ancora bevibilissimo; certo alcuni sentori ed alcuni sapori li aveva persi ma in sè non era appiattito fino alla fine. Ha retto tantissimo dunque!

Non resta allora, non potendo commentare un vino non bevuto, che parlare del suo produttore.
Armin Kobler non è (o meglio, non è ancora) un mio amico: ho condiviso con lui troppo poche esperienze per questa cosa a cui do così tanta importanza. Per questo il bene che ne dico in questo post non è legato ad un’esperienza personale, ma ad un giudizio sui fatti che ho visto.
Questo è un vignaiolo che davvero impressiona. Con il suo italiano dalla cadenza tedesca ha una parlata chiara e gradevole, ma soprattutto ha il dono, infrequente, di saper spiegare il vino, anche nei suoi aspetti tecnici, con un bel modo sintetico e insieme comprensibile. Ho capito benissimo tutte le cose che ha detto, nonostante avessi bevuto il buon vino bianco (o forse proprio grazie a quello … :-), ed ho trovato interessanti anche le sue opinioni sui corsi e ricorsi storico-economici, per cui adesso è la volta dell’Alto Adige dopochè per molti decennni sono stati i Trentini a fare i soldi col vino.
Poi c’è un’altra cosa che specificamente mi piace: è il suo blog o meglio la relazione moderna che lui mette fra il vino e l’informatica.
Chiunque vede questo mio blog, per esempio, molto probabilmente ne avrà visti anche molti altri e non solo blog ma anche siti internet di cantine o di produttori di vino.
Bene, più che siti internet sono album di fotografie, statici e noiosissimi. Non sono mai o raramente aggiornati, qualcuno pubblica foto di se stesso come vignaiolo, qualche ricetta di abbinamento fra cibi e (il loro) vino, qualche cenno storico riguardante la famiglia o il luogo. Sulla rete ho trovato, cercando per cose mie, bottiglie di vino non più in produzione, schede tecniche sbagliate disattenzione … mah.
Per raccontare una storia: avendo in casa una bottiglia di vino Ca Lojera, ho cercato sul sito di questa cantina  se fosse passato in legno: trovo il sito (http://www.calojera.com) ma non c’è scritto nulla. Non solo, ma su internet le bottiglie non sono uguali a quella che ho comperato io, quindi non so nemmeno che vino esattamente sia. La mattina dopo chiamo la cantina, almeno il numero telefonico sul sito c’era, ed una signora mi dice che non sa nulla e che devo chiamare la titolare nel pomeriggio. Chiedo almeno come mai sul sito non riesco a trovare la bottiglia che cerco e mi dicono che in effetti le bottiglie sono state cambiate ma il sito non è aggiornato. Ecco, io naturalmente non mi permetto di dare nessun giudizio, fra l’altro il vino non l’ho ancora bevuto e quindi meglio aspettare, che poi magari è buonissimo (quando lo aprirò si vedrà). Tuttavia un sito così è il CONTRARIO esatto di quello di Kobler.
Un sito come quello di Armin Kobler sembra dunque rarissimo ed è VIVO. Lo trovate fra i link fissi di questo blog.
Ogni settimana, o anche più  volte alla settimana, vi si trova qualcosa di nuovo: un commento, un filmato, un rinvio internazionale.  Ma a parte la sezione del blog già molto ragguardevole, è un sito ricco, con molti rinvii a foto, con la spiegazione satellitare delle etichette, con indicazioni di ristoranti a cui egli ha vendito il vino e insomma con molte altre cose che fanno pensare che questo sito sia “una parte” integrante del suo lavoro, e non invece un orpello perchè ormai tutti sono su internet. Per dire, la foto che mi sono permesso di pubblicare in questo post è di uva chardonnay e l’ho copiata dal sito di Kobler: riguardava il reportage della vendemmia del 2009.  Contiene poi una sezione che consente di commentare i post e di interloquire con il produttore. Mica tutti hanno il coraggio o la voglia di parlare con tutti, magari gente incompetente e che crede di saperla lunga, come me per esempio. Kobler si: ti risponde sempre.
Ultima cosa che io gradisco molto: è un sito che sta diventando anche un ponte fra due culture, quella tedesca e quella italiana; molti articoli sono scritti in entrambe le lingue e si trovano rinvii sia a documenti italiani sia a documenti tedeschi. Insomma non ha le caratteristiche di un muro che divide con la prepotenza della lingua, ma di un collegamento che unisce due identità affini con il nesso della traduzione.
Molto altro avrei da scrivere, ma i post non devono essere trooooppo lunghi e questo lo è già diventato.
Provate, se avete voglia di credermi, a passare nella sua cantina: ha uno spazio di degustazione che vi lascierà stupiti, per la scelta architettonica minimalista che lascia tutto lo spazio al vino. E provate a scambiare due chiacchiere con una persona con cui impiegare qualche minuti vale davvero la pena. Anche i suoi vini ne valgono la pena: ma questo lascio giudicare voi.

Un saluto dunque dal vostro Primo Oratore.

L’immagine è di proprietà di Armin Koblerhttp://www.kobler-margreid.com/

Postato da: arneis a 15:46 | link | commenti (4)

VINI VERI (E GLI ALTRI SONO FALSI?)

novembre 30, 2011

LUNEDÌ, 07 NOVEMBRE 2011

DEL RONCHEDONE E DEI VINI FALSI

Mi sono un po’ rotto le scatole di continuare ad imbattermi in siti che parlano di vini bio-qualcosa.
Questi vini secondo me sono ampiamente più disonesti degli altri.
Bottiglia di RonchedoneL’occasione mi viene dal fatto di aver assaggiato ieri un vino di una Cantina di Lugana: la cantina è la Cà dei Frati, ed il vino è il Ronchedone.
Dunque questo sarebbe un vino che secondo i gusti ormai imperanti, quantomeno fra coloro che leggono e scrivono su siti internet, è pessimo … perchè è buono: è polputo e fruttato, ha un buon equilibrio, un buon finale, si distinguono le note di frutta ed i sentori terziari, inoltre un po’ di tannicità ben equilibrata.
Solo al naso ha qualche stranezza, un po’ di odori di legno, ma in bocca è bello ed in equilibrio.

Solo che non è sostenuto da nessun sito fichissimo e non fa parte di quelli che per farsi notare debbono riunirsi in un manipolo di persone tutte uguali, naturalmente opposti ad altri gruppetti che sono uguali a loro ma un po’ meno puri (e come dice il proverbio della politica, c’è sempre il rischio di trovare uno più puro che ti epura).
Insomma questo vino ha il torto di essere piacevole, di non richiedere una laurea per sapere con quali lieviti è stato fatto, di non obbligarti a cercare se più biologico o più biodinamico di altri, insomma un vino semplice, bevibile e buono che si è accompagnato senza sopraffarlo ad un semplice piatto di spaghetti.
Ma è un vino che non sarà mai recensito da nessun blog … eccettuato questo che è un blog un po di serie C (o B, ad essere larghi di manica).

Ma sono sicuro che il produttore, se fosse messo a confronto con produttori biologici farebbe una cattiva figura, o quantomeno sarebbe obbligato a spiegare, argomentare e in fondo a “giustificarsi”. Perchè, ahimè, il messaggio che passa è che se ci sono i Vini veri, qualcun altro che fa vino e non fa parte di associazioni come queste cosa può fare: ma è logico, i Vini falsi …( ?) Che se non fai un vino biologico vuol dire che sei un untore che appesta l’ambiente. Che se non fai un vino biodinamico allora vuol dire che stai facendo violenza alla madre terra.

Insomma, questa congerie di vini biologici e simili mi fa venire in mente la posizione un po’ stolta (posso dirlo) di chi pensa che le cose si risolvono da sole, che la ricerca scientifica è un male e comunque non serve, che la natura provvede da sola eccetera.
Se la natura provvedesse davvero da sola, basta lasciare che essa faccia veramente il suo corso, compresa la fillossera per fare una provocazione, e poi vediamo chi ride, e soprattutto come si farà alla fine a fare il vino.

Concludo: io non ce l’ho con nessuno e bevo tutti i tipi di vino, ed ho apprezzato molti vini “naturali”, ma voglio contestare l’idea di superiorità autoattribuita, con la complicità di tutta una serie di comunicatori di diverso tipo, che solo un vino autoqualificatosi come biologico o simile sia di per se stesso meglio di qualsiasi altro buon vino.
Una volta che il vino rispetta la legge, dove riposano queste distinzioni?

W il Ronchedone, e viva tutti i suoi amici vini bevibili e divertenti e che ti fanno passare belle serate senza starci a pensare troppo su.

Un saluto, più polemico del solito, dal vostro Primo Oratore.

Postato da: arneis a 20:40 | link | commenti (2)

SECONDO COMPLEANNO

novembre 30, 2011

GIOVEDÌ, 03 NOVEMBRE 2011

2 ANNI E NON SENTIRLI

L’Osservatorio del Vino festeggia il compleanno nella settimana successiva alla Mostra sui Merlot d’Italia che si tiene ogni anno ad Aldeno (Trento).
In questi giorni dunque compie due anni e, come l’anno scorso vedi qui , debbo scrivere un piccolo discorso commemorativo.
Quest’anno il tema sarà il blog stesso.
Sto facendo un discorso relativo a comuni mortali dilettanti, è chiaro che chi vuol aprire un sito con intenti o interessxi commerciali o con grandi capitali di investimento, o è già di suo molto famoso, non può riscontrarsi in queste mie parole.

Dunque: da quando ho aperto il mio blog sono sempre oscillante fra:
il desiderio, in realtà abbastanza irrazionale, che il mio blog diventi famosissimo ed io anche (per quanto poi dentro di me non aspiri ad essere famosissimo, inoltre non è un blog internazionale, è scritto solo in italiano, io non frequento professionalmente il mondo del vino quindi non ho agganci, non conosco le persone giuste e tutto ciò in questo nostro capitalismo relazionale italiano non aiuta);
la realtà di tenere i piedi per terra e considerare che l’Osservatorio è sostanzialmente solo un piccolo ricordo dei vini che ho bevuto e delle sensazioni che mi hanno lasciato.
In realtà il desiderio che il blog sia seguitissimo e faccia tendenza ho scoperto essere un aspetto che accomuna tutti coloro che scrivono o tengono un blog o un sito internet. Ma ho scoperto anche che per avere successo bisogna mescolare alcuni ingredienti, e qui è meglio che io metta ancora una volta il rimando al post di Palate Press  che meglio di tutti spiega come avere successo con il proprio blog sul vino.
Purtroppo non è nemmeno vero che seguendo quelle regole si abbia successo.

La considerazione che mi è venuta dunque in mente – ed è stata suscitata indirettamente da una frase scritta da Armin Kobler sul suo sito ; del resto lui è così bravo-  è che probabilmente i blog non evolvono, o quantomeno evolvono in maniera non incrementale ma casuale e possono rimanere piccoli o medi per sempre o scoppiare e diventare grandi di colpo. Intendo dire che certi blog e certi siti nascono grandi, altri nascono piccoli e dopo un certo tempo di assestamento rimangono lì. Per quanto uno cerchi di fare rimangono essenzialmente come sono, con poche oscillazioni.
Questo Osservatorio per esempio ha i suoi accessi settimanali o mensili casuali di gente che vi passa per caso ma non ci si sofferma, ed ha una schiera ridotta di persone che se lo sono messo nei preferiti ed ogni tanto ci fanno una capatina e curiosano se c’è qualcosa di nuovo (non ho commissionato ricerche, è solo che c’è gente che mi dice di aver letto qualcosa e poi vedo accessi nel contatore a cui non so dare una spiegazione). Qualcosa di più l’ho compreso da quando ho messo il contatore free di Shinystat 
Ma il concetto, che mi sento di sostenere in questo secondo compleanno, è che un blog nasce e resta com’è tendenzialmente per sempre, fino a quando l’autore non si stufa e lo abbandona o lo chiude.
Poi certo, fare polemiche, frequentare altri blog molto letti e postarci dei commenti, aprire gruppi di discussione si face book o altri social network aiuta, ma il concetto temo che resti quello, c’è ben poco da dannarsi.
Un saluto per il secondo anno dal vostro Primo Oratore

Postato da: arneis a 18:06 | link | commenti (2)

IN ITALIA NON SI PUO’

novembre 30, 2011

DOMENICA, 16 OTTOBRE 2011

CARMENERE CILENO

Qualche giorno addietro mi è capitato di bere un vino cileno, il Carmenere.
In Italia “la Carmenère è stata iscritta al nostro Catalogo nazionale delle varietà, ma nessuna Provincia l’ha chiesta come vitigno autorizzato e pertanto, non può essere coltivata con il suo nome o utilizzata per indicare il vino Carmenère in etichetta, nè per una IGT nè per una DOC o DOCG”: ho trovato questa precisazione su molti siti che riguardano il carmenere e la cosa mi ha fatto piangere e ridere , in senso figurato naturalmente.
Mi ha fatto ridere perchè la trovata è in sè divertente:
leggendo semplicemente quanto sta scritto sembrerebbe dunque che questo vino in Italia non si possa produrre. Ma l’Italia è evidentemente la patria delle trovate intelligenti, ed infatti chi ha voluto produrre il Carmenere ha trovato il modo ed ha prodotto un vino che non si chiama Carmenere, ma … Carmenero (con la o). Il produttore è la cantina Cà del Boscohttp://www.cadelbosco.it/it/#/carmenero.
Dunque qui in Italia il Carmenero sembra più una curiosità anzichè un vino “vero”: non lo fa nessuno in purezza, è un vitigno coltivato poco e spesso è stato confuso col cabernet franc: il che significa che, magari per sbaglio, forse potrei averne bevuto per l’inconsapevolezza dei produttori.
Insomma, se non ho capito male, il Carmenere in purezza si puo’ fare purchè non sia chiamato con il nome Carmenere: dunque la legge non vieta di farlo, ma solo di nominarlo. Verrebbe da dire forse “fatta la legge trovato l’inganno”. o no? Lo chiamiamo Carmenero e siamo tutti contenti, compresa la patria del diritto. Naturalmente non ho nulla contro chi lo fa,  anzi mi sono simpatici per questa genialata a cui io non sarei arrivato, ed infatti scrivo un blog da dilettante anzichè farmi ricco col vino.
Da ultimo peraltro il Carmenere con la e è stato riconosciuto e quindi tutto sembra essere oggi in salvo e buonanotte. Chi volesse capire di più rispetto a questo contorcimento c he ho scritto io  può leggere qui:http://www.marcadoc.it/gustare/malanotte-e-carmenere-due-nuove-tipologie-per-la-doc-piave.htm

Mi ha fatto piangere il fatto che il sistema delle DOC o delle DOCG non ha davvero nessuna significanza. Infatti questo Carmenero, fatta una rapida ricerca su internet, anche quando era in vigore il vecchio regime del divieto, veniva (e viene tutt’ora) venduto dai 37 € in su. Altro che DOCG. Ma non è l’unico caso. Non sto ad elencarli, tanto sono noti a tutti, ma la storia del vino in Italia è contrassegnata da produttori che non stanno nel disciplinare e producono super vini “da tavola”, cioè senza denominazione o talvolta nemmeno senza IGT. Nessun legame fra DOC e Prezzo, nessun legame fra DOC e qualità. Andiamo bene…

Ma 37 € non ho voglia di spenderli per curiosità, dunque questo carmenere cileno è andato benissimo alla bisogna.
Difficile dire il prezzo non essendo un vino che ho acquistato io, ma credo che la bottiglia sarà costata fra i 10 e i 15 €.
Un vino effettivamente molto simile ai cabernet. Colore rosso granato molto scuro, così scuro che anche il vino sembra molto denso. Poi in realtà è scorrevole e va giù bene. I sapori sono abbastanza terrosi e forti, il vino è marmellatoso senza esagerare e tannico. Vino di nerbo, salato e solido, ha accompagnato benissimo una superpasta condita con 1000 cose: è la pasta “posillipo” cioè fatta con quello che c’è nel frigorifero. Naturalmente è una pastasciutta buona e saporita ed il vino è stato un degno accompagnatore.
Dunque bene questo Carmenere, con la e, e per quello con la o, alla prossima… se abbassano il prezzo magari meglio.

Un saluto dal vostro Primo Oratore.

Postato da: arneis a 20:03 | link | commenti (4)

UN VITIGNO E PIU’ VITIGNI (MONO O BLENDED)

novembre 30, 2011

GIOVEDÌ, 13 OTTOBRE 2011

UNA QUESTIONE

All’inizio non ci capivo niente. Anche adesso capisco poco.
E va sempre peggio dato che continuo a cambiare idea.
All’inizio mi piacevano soprattutto i vini del tipo bordolese, che qui a Trento si chiamano Rosso Trentino. Tagli di Cabernet e di Merlot.
Belli pastosi, marmellatosi, densi e forti.
Dopo poco però sono venuti a piacermi di più i vini fatti da un vitigno solo.
Sempre qui a Trento alcuni meritano, penso al Lagrein, qualche Teroldego. Ma soprattutto merita il Pinot Nero, forse è uno dei pochi posti in Italia, il Trentino, dove viene bene: insieme all’Alto Adige si intende.
Naturalmente con i bianchi il discorso cambia, è quasi sempre un vitigno singolo, rari gli uvaggi o vinaggi.
Dopo aver fatto le prime esperienze ho aggiunto al piacere semplice del buon vino, il piacere della degustazione: e se la finalità è la degustazione, tutti i vini vanno bene, anche se poi non mi piacciono: il giudizio sulla qualità resta, ma si tratta di una cosa più tecnica che edonistica.

In questa fase mi sembrerebbe più naturale bere vino di un vitigno solo: Barbaresco, Barolo, Pinot Nero, Lagrein, mentre sono meno attratto dai Valpolicella, dai Chianti, dai Bordeaux -quelli che mi posso permettere naturalmente.
Anche il Sangiovese in purezza mi sembra diventato più interessante rispetto ai supervini toscani fatti di chissà cosa compreso il legno.
Poi ecco l’eccezione di questo vino provenzale fatto con il Grenache come base, che diventa accattivante, ammiccante e che si presenta veramente come un vino amico.
Facilissmo da accompagnare anche con i pasti, e tuttavia buono anche da solo.

Insomma questo volevo dire:
nel tempo in cui un’idea a cui arrivo si consolida, ecco che subito mi sembra vecchia.
Alla fine la distinzione è sempre la stessa: vino buono vs. vino cattivo.

Un saluto dal vostro Primo Oratore.

Postato da: arneis a 23:32 | link | commenti 

GIGONDAS

novembre 30, 2011

VENERDÌ, 30 SETTEMBRE 2011

VINI MINORI MA ANCHE NO

Nei post precedenti ho parlato tanto del mio viaggio in Provenza, ed ho lasciato in sospeso qualche aspetto che adesso è bene andare a concludere.

GIGONDAS
La prima bottiglia di Gigondas assaggiata, e che mi aveva intrigato come vedete qui http://osservatoriodelvino.splinder.com/post/24452961/vino-imperfetto-finalmente ci ha spinti ad andare a vedere il paese. Gigondas è il nome di un paese oltre che di un vino. Ma sono molto diversi: il primo è un paese appoggiato su una collinetta dolce e gradevole, ben soleggiato e ordinatissimo, mentre il vino è talvolta spigoloso e duro, tannico ed austero che fa fatica ad aprirsi.
Naturalmente questo vale come annotazione generale, poi ogni vino è diverso dagli altri naturalmente, tuttavia il Gigondas sembra presentarsi a prima vista meno amichevole rispetto al più famoso cugino di Chateauneuf du Pape: una questione di terroir evidentemente, dato che i vitigni di base sono gli stessi e cioè il Grenache in primo luogo, poi il Syrah, il Mourvedre e il Cinsault.
Lungo la strada, proveniendo da Avignone, la prima cantina a cui ci siamo fermati è stata Chateau Raspail: ci sembrava un segno del destino ma invece era semplicemente un errore: la cantina in cui una signorina molto giovane ci stava facendo assaggiare il vino non era quella del vino già assaggiato in aprile http://www.chateauraspail.com/index-gb.htm  ed in effetti ci sembrava strano che le etichette fossero diverse. Ci è stato spiegato che la famiglia Raspail si è suddivisa in due ramificazioni, di cui una è la famiglia Ay (pronuncia “è”) e l’altra la cantina che stavamo visitando.
Per farla corta abbiamo comperato due bottiglie di un vino solido, cupo, rosso scuro impenetrabile, tannico, piuttosto forte e dal prezzo molto amichevole: 7.50 € una e 10 € l’altra.
Anche le bottiglie acquistate successivamente costavano in un range fra 7 e 15 €: un prezzo molto basso per le mie abitudini trentine.
La successiva visita è stata alla Domaine delTeyssoniereshttp://www.domaine-les-teyssonnieres.com/ dove però abbiamo trovato tutto chiuso: ad un citofono una voce di vecchia lontana ci ha detto che forse in tarda mattinata (erano le 11!!) o nel pomeriggio: insomma niente da fare.
La visita da La Cave http://www.cave-gigondas.fr/  ci ha sostanzialmente delusi. bel posto, carino e pulito, ma rivolto a turisti meno esperti di noi, diciamo un po’ troppo commerciale.
Non abbiamo assaggiato i vini.
Poi abbiamo assaggiato due gigondas da una megera a cui ho detto che il vino non era fra i miei preferiti e mi ha guardato storto: naturalmente nulla di male, non poteva essere contenta se non mi piacevano. Non ricordo purtroppo il nome.
Ultima visita da Pierre Amadieu dove un gentilissimo ragazzo, che compare sulla guida dei vini (in francese) della Cote du Rhone e che si chiama Paul-Emile Marson, ci ha servito 5 vini, ce li ha descritti con un certo compiacimento, in particolare mostrandoci che alcuni avevano ricevuto un ragguardevole risultato dalla guida di Parker Wine Advocate http://www.pierre-amadieu.com/documents/PARKER_AMADIEU_FEV_09.pdf     .
Il vino naturalmente aveva i caratteri di tutti gli altri, più il marmellatoso e vaniglioso dei vini che vanno per la maggiore sulla guida di Parker. Ne ho prese tre bottiglie, tutto sommato è un vino con cui si va sul sicuro.

Gli altri vini li ho cvomperati alla Palais du Vin, di Orange, di cui vi ho già parlato http://osservatoriodelvino.splinder.com/post/25547122/una-modesta-proposta    .
I vini sono questi:
Chateau des Rocques Vaqueyras a 9,00 €
Domaine Bressy Masson a 7,95 €
Domaine les Teyssonieres a 11,00 €
Domaine Rabasse Charavin a 8,65
ed altre due bottiglie ad € 6,00 e 5,80.

L’impressione che mi porto via dal viaggio a Gigondas ed alla Maison du Vin è che in questa zona fanno vini buoni, ci sanno veramente fare e li vendono ad un prezzo veramente amichevole.

Alcuni di questi vini li ho già bevuti, e sinceramente non sono inferiori ai vini rossi che compero in Italia: ma nelle enoteche della mia città trovare un vino rosso di questo tipo al di sotto dei 15 € è difficile. Anche nelle cantine del Trentino, o in quelle di Bolgheri, o in Piemonte, comunque è difficile trovare vino così potente e buono ad un prezzo così basso. I Francesi mi sono sembrati superiori anche in questo.

Secondo me la buona fama dei loro vini non è immeritata, ma ad un prezzo così sinceramente nemmeno io me lo sarei aspettato.

Un saluto dal vostro Primo Oratore.

Postato da: arneis a 14:37 | link | commenti 

PREOCCUPAZIONE

novembre 30, 2011

GIOVEDÌ, 29 SETTEMBRE 2011

QUESTO NON E’ UN BLOG POLITICO. L’AUTORE, CHE PURE E’ INTERESSATO ALLA POLITICA, SOSTIENE CHE NON VUOLE CHE DIVENTI PERO’ UN BLOG POLITICO, O DOVE SI PARLA DI POLITICA GENERALE.
AL MASSIMO DI POLITICA VINICOLA, MA POCA ANCHE DI QUELLA PERCHE’ DAL PUNTO DI VISTA DEL CONSUMATORE QUESTO INTERESSA SOLO INDIRETTAMENTE – AD ESEMPIO SULL’USO DEI PESTICIDI ECCETERA.
MA TORNIAMO A NOI.

PER COMPRENDERE MEGLIO CFR IL COMUNICATO DI UNA PREOCCUPATISSIMA WIKIPEDIA:http://it.wikipedia.org/wiki/Wikipedia:Comunicato_4_ottobre_2011

IL GOVERNO VUOLE APPROVARE UNA LEGGE CHE -SE NON HO CAPITO MALE-  PREVEDE QUESTE COSE, FRA L’ALTRO:

1) UN BLOG E’ EQUIPARATO, RELATIVAMENTE ALLE NORME CHE PREVEDONO L’OBBLIGO DI RETTIFICA, AD UN GIORNALE
2) PER QUESTO CHI TIENE UN BLOG E’ OBBLIGATO A PUBBLICARE UNA RETTIFICA DA CHI SI E’ SENTITO INGIUSTAMENTE TIRATO IN CAUSA
3) LA RETTIFICA DEVE ESSERE PUBBLICATA ENTRO 2 GIORNI SOTTO PENA DEL RISCHIO DI PAGARE UNA SANZIONE SALATISSIMA, DI 12.500 €.

IO NON GUARDO IL MIO BLOG TUTTI I GIORNI, CERTE VOLTE L’ATTENZIONE CALA E MAGARI NON LO VISITO PER DIVERSE SETTIMANE.

PER QUESTO SONO PREOCCUPATO: PERCHE’ O SCRIVO SOLO MELASSA, E COMUNQUE RISCHIO, O INTERROMPO LE PUBBLICAZIONI. PERCHE’ SE QUALCUNO MI CHIEDE LA RETTIFICA E IO NON VEDO, TAC, SCATTA LA SANZIONE (CHE NON HO CAPITO SE E’ UNA SANZIONE O UN RISARCIMENTO, NEL QUAL CASO SAREBBE ANCORA PEGGIO: CHIUNQUE POTREBBE FARE SOLDI CON ME).

QUESTO MI DISPIACEREBBE.
PER QUESTO MI AUGURO CHE IL GOVERNO DECIDA DI RIPENSARCI, O QUANTOMENO DI FARE SALVI I BLOG.

ALTRIMENTI, SIGNORI SI CHIUDE.

PER INTANTO SI VA AVANTI.

Postato da: arneis a 20:32 | link | commenti (2)

DELUSIONE EMOTIVA

novembre 30, 2011

MERCOLEDÌ, 28 SETTEMBRE 2011

GRENACHE VS CANNONAO

Mi ricordo.
Mi ricordo cinque anni fa una vacanza in Sardegna a Cala Gonone. Solo io amante del vino, gli altri amanti solo della vacanza. Ad un certo punto, fra occhiate di sufficienza, dico che vado a fare un giro per le cantine.
Ovviamente con il solito problema di avere veramente poco tempo, scelgo di andare alla CS Dorgali: CS sta per Cantina Socialehttp://www.cantinadorgali.com/index.php   (fate attenzione, il sito sembra morto: per entrarci dovete cliccare sulla minuscola Italietta stilizzata sotto il logo della cantina…)

Entro in un ambiente di degustazione veramente spoglio, anche se pulito.
Muri bianchi, 5 o sei bottiglie appoggiate in bella mostra su un tavolino, dietro il bancone, nessuno.
Aspetto un po’ e compare una signora in età, alla quale chiedo se posso assaggiare qualche vino; va bene, mi dice.
Dunque vi riepilogo la scena: io solo, in un ambiente altrimenti deserto, con una vecchia che non sostiene nessun dialogo.
Chiedo se può avvinarmi il bicchiere, e mi chiede cosa intendo. Allora le spiego cosa intendo e lei dice che è un peccato buttare via il vino. Insisto, avvina a malincuore e mi versa un po’ di vino.
Il vino tutto sommato è abbastanza buono, mi riferisco a quello con l’etichetta nera, adesso l’hanno un po’ ristilizzata. La signora mi guarda muta, io considero fra me e me i profumi, i sapori, cerco di dire qualcosa ma la signora continua distrattamente a fare qualcos’altro, tipo riassettare un po’ il banco, mettere a posto qualche bicchiere, sembra che non veda l’ora che io termini.
Il vino non è niente di trascendentale (so che per i filosofi questa parola vuol dire tutta un’altra cosa, ma qui la uso in senso non tecnico) tuttavia sono in vacanza in Sardegna, non ci vado spessissimo perchè mi piace sempre cambiare posto per le vacanze, il contrario di stessa spiaggia stesso mare, e voglio provare a portarmi via qualche bottiglia direttamente dal posto. Le cantine piccole non so dove andare a cercarle e non avevo internet sul telefonino allora, la Cantina di Dorgali era l’unica possibile.

Alla fine chiedo alla signora se per caso sono in vendita i bicchieri: perchè mi piacciono molto, hanno una bella forma con stampigliato il logo della CS Dorgali. Mi dice che non sono in vendita, ma quello che avevo utilizzato per la degustazione me lo regala. Lo riprende, me lo lava e me lo porge, con un sorriso molto dolce, tipo da mamma.

Insomma questa storia mi torna in mente dopo così tanto tempo perchè, da poco, ho acquistato un bel libro delle edizioni Slow Food intitolato Guida ai Vitigni d’Italia http://editore.slowfood.it/editore/ita/dettagli.lasso?cod=GVIdi Fabio Giavedoni e Maurizio Gily, ed ho trovato con mia somma sorpresa che il vino Cannonao -gli autori lo chiamano così, io credevo che si scrivesse con la u finale, Cannonau -è lo stesso vitigno conosciuto in Spagna come Granacha e diffusosi alla fine del Settecento in Francia con il nome di Grenache.
Insomma quel nettare che ho assaggiato in Provenza,http://osservatoriodelvino.splinder.com/post/25228774/vinadea e che mi è stato fatto assaggiare in pompa magna da due ragazze sveglie, giovani e competentissime, una anche molto carina, in un luogo veramente accattivante ed accogliente, sarebbe lo stesso vitigno da cui è stato tratto il vino che cinque anni prima ho assaggiato in un locale spoglio, freddo, e servitomi da una signora severa che non voleva nemmeno avvinarmi il bicchiere.

A leggere il libro mi dispiace anche un po’, non so se riesco a spiegarmi, del fatto che quel vino così spettacolare come quello assaggiato in Provenza sia alla fine lo stesso del Cannonau che nella mia testa non considero un vino superlativo.
Qui non voglio dire che tutti i vini provenziali sono meglio di tutti i vini sardi, assoluatmente non intendo questo: però un pochino, la sensazione che il cannonao rispetto al grenache sia un po’ un parente povero, è una patina che non riesce a togliermi nessuno, e credo che praticamente tutti messi di fronte ad un Chateauneuf du Pape di Grenache in Purezza ed a una bottiglia di Cannonau in purezza, d’istinto prenderanno il primo.

Insomma, in questa storia ci sono anche tanti perchè che spiegano la differenza fra la Sardegna e la Francia, ed è un peccato: anche se il Chateauneuf du Pape in questo caso è mooolto meglio del Cannonau, tuttavia la Sardegna non è affatto inferiore alla Provenza.
C’è anche una venatura gradevole, di una Sardegna che alla fine non si fa troppo travolgere dalle mode: la Sardegna è questa, un po’ lontana dal marketing e dall’apparenza, non è solo un male mi sembra, no?

Consoliamoci col dire che la nonna sarda mi ha regalato il bicchiere, mentre le ragazze francesi non mi hanno regalato niente.
Italia 1 – Francia 0, ma un po’ di perplessità resta.

Un saluto dal vostro Primo Oratore.

Postato da: arneis a 08:40 | link | commenti 

W LA MEMORIA

novembre 30, 2011

MERCOLEDÌ, 21 SETTEMBRE 2011

SPUMANTE EVERYWHERE (SARDEGNA COMPRESA)

Questa storia ha come oggetto lo spumante Quartomoro,  prodotto dalla Quartomoro di Sardegna di Piero Cella. Da qualche parte devo aver letto che questo enologo sta facendo una serie di studi per recuperare antichi vitigni ma chissà come sta veramente la storia.

Il qui presente (!) post ha però come centro dialettico soprattutto il mio sentimentalismo e la mia memoria.
La bottiglia l’ho bevuta due mesi fa, non era un’occasione di degustazione nè mi sono preso appounti: quindi queste righe sono sostanzialmente un flusso della mia memoria e delle sensazioni che mi ricordo … così come liberamente mi escono.

La bottiglia: partiamo da quella; ha una forma ed un aspetto molto particolari. Innanzitutto ha un colore molto scuro, in effetti me la ricordo come una bottiglia assolutamente nera e con una piccola etichetta in basso.
Dalla forma della bottiglia non si capisce esattamente di cosa si tratta. Ho cercato su internet ma non c’è una foto, mi piacerebbe che la vedeste: o meglio subito dopo aver bevuto lo spumante, un paio di mesi fa l’avevo trovata, ma adesso non c’è più nessuna immagine, ed anzi sull’unico sito che la riportava c’è scritto “image non available”.
Insomma a farla breve l’unico sito che ho trovato è questo ma non dice un granchè .

Lo spumante è stato aperto in una bella occasione, anche se l’autore di questo post ritiene che non sia necessario precisare di cosa si trattasse.

Fatto sta che l’ho aperta per un festeggiamento, tuttavia uno degli invitati non arrivava mai e quindi gli altri due presenti hanno cominciato a bere. Come talvolta capita d’acchito il vino ci ha sorpreso e, non capendoci bene un granchè, continuavamo a versarcene per assaggiare e scoprire i particolari che all’inizio ci sembravano essere sfuggiti. Intanto, naturalmente, il livello calava sempre di più finchè i due hanno deciso di non bere per non finire la bottiglia e farla assaggiare al terzo che stava ormai arrivando.
Lo spumante ci è sembrato inizialmente chiusissimo su sentori amari e strani, moltissimo profumo di crosta di pane e di nocciole. Ma un bellissimo nerbo, grande acidità, una grande spumosità, un perlage persistente su un colore giallo paglierino scarico. O quantomeno così mi sembra di ricordare perchè il liquido era freddo e il bicchiere si è un po’ appannato. E comunque uno spumante di cui non ricordo perfettamente i particolari, ma me lo ricordo come un ottima bevanda, fresca, beverina.
Quando il terzo amico è giunto alla fine ne era rimasto giusto un bicchiere: ha sentenziato un “albicocca” che effettivamente a pensarci sembrava evidente anche a noi.

Un vino che ricomprerei per la acquolina in bocca che mi fa venire a ripensarci.

Ma anche un prodotto che mi ha stupito e che mi fa riflettere.
Io amo molto le bollicine, i miei amici un po’ meno e quindi ne bevo poco. In questa occasione festosa però è stato bello berlo. Ma ciò che ci ha aiutato ad iniziare la nostra piccola festa è stato il fatto che si tratta di uno spumante prodotto in Sardegna con uve di vermentino. Quante osservazioni sulla stranezza di uno spumante di Vermentino, e fatto in Sardegna. Ma lo spumante si può fare proprio con tutti i vini? Ovviamente non so darmi una risposta, ma come faccio a sapere se ne vale la pena?
Insomma, io ho l’abitudine a pensare lo spumante fatto di chardonnay, di pinot bianco e del maestoso pinot nero.
Invece quest’anno ne ho assaggiato:
di Pinot Grigio (quello della Santa Margherita );
di Timorasso, con lo spettacolare, esilarante e tutto sommato seriamente indovinato nome “Chiarore sul Masso” del mio amico Ghislandi, assaggiato imprevistamente al Vinitaly http://www.cascinacarpini.it/.

Tutto sommato è stato divertente provare le cose nuove, anche se ripensandoci gli spumanti classici classici mi piacciono di più, quelli del mio Trentino soprattutto.
Ma anche questo sardo, sinceramente è una bella lotta, lo ricomprerò.

Un saluto dal vostro Primo Oratore.

Postato da: arneis a 23:01 | link | commenti